Comunicato stampa

Un attacco alle cure di base

Il comitato per il NO alla dannosa iniziativa «Per un freno ai costi» riunito oggi in conferenza stampa ha messo in guardia contro le conseguenze dell’iniziativa. Il rigido meccanismo per il freno ai costi vincola la spesa dell’assicurazione di base all’evoluzione dei salari nominali. Questo meccanismo stravolge profondamente il principio di solidarietà del nostro sistema sanitario. L’accesso alle cure medico-sanitarie per le pazienti e i pazienti con l’assicurazione di base non sarebbe più garantito e l’iniziativa porta a una medicina a due velocità.

No alla dannosa iniziative «Per un freno ai costi»

Pagare meno per le cure di base è una richiesta legittima. Bisogna però chiedersi con quali risorse e mezzi si può raggiungere questo obiettivo. La proposta del Centro propone di introdurre un rigido meccanismo: la crescita dei costi dell’assicurazione malattia di base non può crescere più velocemente dei salari. Questo significa fissare l’aumento annuale della spesa sanitaria di base a ca. 1-1.5%. Questo rigido vincolo con i salari è pericoloso. Un’altra conseguenza assurda è data in caso di evoluzione negativa dei salari. In questo caso la spesa sanitaria dovrebbe essere automaticamente ridotta. Una situazione simile l’abbiamo vissuta ad esempio nel 2021, quando la pandemia ha portato il settore sanitario ai suoi limiti. Con il “freno ai costi”, e proprio nel momento di maggiore bisogno, la spesa sanitaria sarebbe invece dovuta diminuire. 

Le casse malati non pagheranno più

L’iniziativa “Per un freno ai costi” non dice nulla su come i costi dovrebbero essere ridotti. Le casse malati dovranno adeguarsi al tetto dei costi. La conseguenza è che nei prossimi vent’anni una visita dal medico su tre dovrà essere pagata di tasca propria. Questa previsione si calcola facilmente: si aggiunge il 20% alla crescita dei salari nominali come previsto dalle disposizioni transitorie, e si ottiene l’aumento consentito dei costi dell’assicurazione di base. 

I costi non coperti dovranno essere pagati di tasca propria

Se avessimo introdotto il «freno ai costi» nell’anno 2000, il 37% delle prestazioni di base non sarebbero oggi coperte! Queste prestazioni dovrebbero essere pagate di tasca propria o non verrebbero fornite. 

Nessuna garanzia di accesso alle cure per gli assicurati di base

L'iniziativa mette a rischio le basi del nostro sistema sanitario: l’accessibilità e la qualità delle cure per tutte le persone. Una paziente con un'assicurazione di base non avrebbe più un accesso garantito alle cure. Non sarebbe invece il caso per chi ha un'assicurazione complementare. Non sorprende quindi che l'iniziativa venga accolta con simpatia dalle assicurazioni malattia. È proprio con le assicurazioni complementari che si ottengono i maggiori guadagni. Questo rende l'assicurazione più costosa per le persone assicurate. Chi vorrà continuare ad avere la garanzia di accesso alle cure, dovrà premunirsi di un'assicurazione complementare. Coloro che non hanno i soldi per farlo, dovranno attendere.

Stravolti i valori fondamentali del nostro sistema

Il sistema sanitario svizzero è considerato esemplare nel confronto internazionale. Il nostro sistema attira personale specializzato dall'estero. Il “freno ai costi” lascerà tuttavia il segno anche qui. Il tetto ai costi aumenta la pressione per il personale sanitario. Le condizioni di lavoro peggiorano e la penuria di manodopera qualificata continua ad aggravarsi. Questa spirale negativa genererà ulteriori costi. Uno sguardo al di fuori dei confini nazionali mostra infatti che introdurre rigidi obiettivi sulla spesa non riduce i costi, ma anzi ne aggiunge e ne crea di nuovi. L'introduzione del freno ai costi stravolgerà profondamente i valori fondamentali del sistema sanitario a partire dal 1° gennaio 2027. L'iniziativa è un attacco alla sanità e alle cure di base. Il comitato NO alla dannosa iniziativa “Per un freno ai costi" rappresenta complessivamente circa 400’000 dipendenti del settore sanitario. Le organizzazioni della sanità che assicurano quotidianamente le cure nel nostro Paese raccomandano all’unisono di bocciare questa iniziativa il prossimo 9 giugno.